Feb
21
2012
Bisogna scommettere sul governo senza avere paura
Il mio commento all'intervista di Veltroni pubblicato su "L'Unità"
L'intervista di Walter Veltroni, uscita su Repubblica di ieri, ha avuto il merito di provocare una discussione non reticente sul rapporto tra il Partito democratico e il governo Monti. Veltroni ha messo in guardia il Pd dal rischio di regalare Monti al nuovo centrodestra che sta legittimamente cercando di prendere forma. Ed ha auspicato un confronto interno al partito meno ingessato da appartenenze correntizie.
Che entrambe le preoccupazioni di Veltroni non fossero infondate, lo ha dimostrato la replica di Stefano Fassina: secondo il responsabile economico della segreteria Bersani, il nostro programma non può identificarsi con quello del governo Monti, che risentirebbe in modo strutturale della articolazione politica della maggioranza che lo sostiene. Peccato che Fassina, nonostante i continui e un po' stucchevoli richiami all'obbligo nel partito di uniformarsi ad una linea di maggioranza fortunatamente assai mutevole (come dimostra la vicenda "patrimoniale"), non sia riuscito a dimostrare dove sia la sostanziale distanza tra ciò che il governo Monti, con il nostro imprescindibile sostegno, sta cercando di fare e quel che potrebbe fare, nelle stesse condizioni, un governo di centrosinistra guidato dal Partito democratico.
Intendiamoci: al meglio (come al peggio) non c'è mai limite, per definizione. Ma dubito che sul piano della politica fiscale, nel giro di poche settimane, in un contesto di emergenza finanziaria e di pressione sui mercati internazionali che ha avuto ben pochi precedenti in 150 anni di storia d'Italia, l'ipotetico "governo progressista" evocato da Fassina avrebbe potuto fare meglio.
Per fare solo un esempio, dopo decenni di chiacchiere sulla necessità di spostare progressivamente il carico fiscale dal lavoro alla rendita e dalla produzione al patrimonio, Monti ci ha provato sul serio ed ha portato a casa un primo risultato che merita non l'applauso, ma il tripudio del popolo progressista: quasi 8 miliardi in meno sul lavoro, alleggerendo l'Irap, in particolare su giovani e donne nel Sud, e 12 miliardi in più sul patrimonio. E dato che in Italia il patrimonio è composto per i due terzi da immobili, la gran parte dell'intervento del governo è stato sugli immobili, facendo così pagare di più a chi ha di più ed esentando comunque una fascia sociale, pure in un contesto di assoluta drammaticità finanziaria. Se ora, con la revisione integrale della spesa e una lotta finalmente efficace all'evasione fiscale, il governo riuscirà, come è sua esplicita intenzione, ad evitare l'aumento dell'Iva (previsto per settembre, ma come misura alternativa ai tagli alle detrazioni fiscali e alle prestazioni assistenziali, decisi da Tremonti) e anzi a ridurre l'aliquota di base dell'Irpef dall'attuale 23 al 20 per cento, ogni record progressista sarà stato frantumato.
Se così è, perché restare aggrappati al freno a mano, alimentando diffidenze e paure, ad esempio nel decisivo negoziato sul mercato del lavoro, anziché scommettere sulla volontà e la capacità del governo (e del Pd al suo fianco) di dar vita, insieme alle parti sociali, ad un nuovo diritto del lavoro, ad una nuova generazione di diritti, per una nuova generazione di lavoratori? Forse con la loro larga fiducia al governo, gli italiani (a cominciare dai nostri elettori) ci stanno dicendo che l'unica cosa di cui dobbiamo avere paura, noi democratici, è la paura stessa.
1 commenti all'articolo - torna indietro
inviato da alfredo bedin il 14 March 2012 16:07
sono totalmente d accordo con te ciao

(verrà moderato):

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