Dec
06
2011
Avviate scelte robuste. Ora non sfiliamoci
Articolo pubblicato su L'Unità
  "La situazione è grave, ma non è seria", diceva Ennio Flaiano della politica italiana. Mai abbiamo sentito vero questo aforisma come negli anni del governo Berlusconi. La mancanza di serietà, tanto più inaccettabile dinanzi ad una crisi di eccezionale gravità, era diventata, agli occhi delle opinioni pubbliche europee, la cifra fondamentale della politica italiana e dello stesso nostro paese. Con evidenti, gravissime, conseguenze: a cominciare dal ripudio, da parte di quelle stesse opinioni pubbliche, prima tra tutte quella tedesca, di qualunque politica ispirata a criteri di solidarietà e corresponsabilità europea. L'Italia stava così diventando l'epicentro di una crisi che ha rischiato e rischia tuttora di travolgere l'intera costruzione europea, con rischi incalcolabili e perfino inimmaginabili per la tenuta del nostro sistema economico e sociale.

È stata questa crisi di credibilità che ha travolto il governo Berlusconi e, grazie alla accorta regia del presidente Napolitano, ha aperto la strada al governo Monti. Ora, per dirla ancora con Flaiano, la situazione è sempre grave, ma almeno la politica è diventata seria. Con Monti a Palazzo Chigi, l'Italia ha subito riacquistato credibilità in Europa. I famosi spread e gli indici di borsa hanno cominciato a giovarsene, ma per disegnare una vera inversione di rotta i mercati aspettavano la prova dei fatti. Che è arrivata domenica sera, con la presentazione di una manovra "Salva-Italia" complessa e ambiziosa, che ha offerto una prima traduzione concreta dei tre grandi obiettivi sui quali Monti aveva chiesto e ottenuto la fiducia del Parlamento: rigore finanziario, crescita economica, equità sociale.

Su tutti e tre i versanti, il nuovo governo non poteva completare l'opera, ma solo gettare fondamenta robuste per un lavoro che pur essendo a termine, ha comunque davanti a sé tutto il tempo residuo della legislatura. Aver posto alla base della manovra due grandi interventi strutturali, come la chiusura anticipata (e a lungo attesa) della transizione del nostro sistema pensionistico dal metodo di calcolo retributivo a quello contributivo (l'unico che garantisce equità) e la razionalizzazione della tassazione sul patrimonio immobiliare, dopo la lunga e micidiale sbornia populistica del berlusconismo, è stata peraltro una scelta coraggiosa, che ha conferito a tutta la manovra un carattere di robustezza e di serietà. I mercati hanno apprezzato, frantumando tutti i record in discesa: spread molto sotto i 400 punti, rendimento dei Btp sotto il 6 per cento, Borsa ai massimi.

Il Partito democratico ha le carte in regola per rivendicare una parte importante di questo primo, assolutamente parziale e provvisorio, successo. E per motivare un rinnovato impegno per e con il governo Monti. Non mancano, nelle nostre file, voci preoccupate sui rischi di un contraccolpo sul PD di misure "impopolari". Si tratta di timori non infondati e di argomenti non banali. Ai quali tuttavia, il PD può e deve rispondere rafforzando la sua capacità di proposta e di influenza sul governo e non derubricando il suo sostegno a Monti come una scelta imposta da uno stato di necessità. Il bipolarismo nuovo, quello che sta nascendo dopo la fine del berlusconismo, sarà fondato sulla competizione tra alternative di governo e non più, come è stato finora, tra opposte opposizioni. Gli italiani ci daranno la loro fiducia  per come sapremo governare, qui ed ora, nel pieno di questa crisi senza precedenti. E non per come sapremo disegnare astratte geometrie future.

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