Apr
26
2017
Tra Pd e Padoan nessuno scontro. La vera partita si giocherà a Bruxelles
La mia intervista pubblicata su L'Unità.it

Il contenzioso politico tra Padoan e Partito democratico si è ormai dissolto, qualora fosse mai iniziato. “È una delle bufale a cui siamo ormai abituati nell’era delle post verità”, chiarisce il presidente della commissione Bilancio del Senato, Giorgio Tonini, con il quale abbiamo parlato alla luce dell’incontro di ieri tra il titolare del Tesoro e il gruppo dei senatori dem.

La discussione che alcuni osservatori hanno definito “scontro” risale ormai allo scorso febbraio, quando alcuni parlamentari Pd avevano provato a mettere un freno al piano delle privatizzazioni (specialmente su Ferrovie dello Stato). Poi, a inizio aprile, c’è stato l'incontro con i deputati dem per discutere il Documento di economia e finanza (Def), dove alcuni parlamentari, renziani in primis, avevano espresso la chiara richiesta di non inserire alcuna nuova tassa nelle prossime scelte di politica economica; infine l’incontro di ieri, al termine del quale diversi senatori hanno parlato di “piena sintonia”.

“Le cose sono molto più semplici di come appaiono – spiega Tonini a Unità Tv – gli obiettivi del Partito democratico sono sempre gli stessi, cioè far ripartire la crescita con politiche espansive e con le riforme. E su questo c’è una continuità della linea politica, dal governo Renzi al governo Gentiloni.

Padoan ieri ha parlato di “sentiero stretto” riferendosi ai conti pubblici e alle prossime scelte di politica economica.

È chiaro che gli obiettivi che si pone il Pd devono tener conto della vulnerabilità legata al nostro debito pubblico e quindi dei vincoli di bilancio. Per questo il sentiero è molto stretto. Da una parte c’è il burrone finanziario che abbiamo conosciuto con il governo Berlusconi, quando lo spread danzava su livelli insostenibili, dall’altra, il burrone della recessione, dentro il quale siamo cascati con le ricette del governo Monti. Se ne esce soltanto riducendo gradualmente il deficit.

Ma come si può ridurre il debito senza precipitare in una nuova recessione?  

Portando avanti le riforme. È l’unico modo per ottenere quell’obiettivo e allargare il sentiero stretto di cui ha parlato Padoan. La stessa Bankitalia, ieri in audizione, ha sottolineato come le riforme stiano già allargando quel sentiero: il debito pubblico sta frenando la sua corsa grazie alle politiche di Renzi e Gentiloni. Siamo compartecipi di un successo, anche se è ancora parziale e non possiamo festeggiare. Ora dobbiamo far capire agli organismi internazionali e ai mercati (oltre che al nostro interno) che la nostra linea di riforme sta andando avanti. Ma un punto deve essere altrettanto chiaro: se si vuole evitare di piombare in una nuova recessione quel rallentamento deve avvenire in maniera graduale.

Ci spieghi meglio.

Se mettiamo in relazione l’andamento del Pil in relazione a deficit e debito, si nota come la teoria della strada stretta suggerita da Padoan stia producendo degli effetti positivi: anno su anno la crescita continua ad aumentare mentre il deficit diminuisce. Lo dicono i numeri e su questo nel Pd siamo tutti d’accordo. Bisogna pertanto continuare a ridurre il deficit, ma in maniera graduale, perché solo così facendo il Pil manterrà la direzione della crescita evitando una nuova recessione.

Dopodiché ci saranno delle scelte di politica economica da fare. Quale sarà la materia del contendere del 2018?

Bisognerà riuscire a finanziare una misura di sgravio fiscale (riduzione del cuneo, ndr) per rilanciare l’occupazione, soprattutto pensando a due categorie: donne e giovani. Questa è l’ispirazione comune del nostro partito. Cosa che sarà possibile soltanto riducendo il deficit in maniera meno drastica rispetto a quanto scritto nel Def. Il Documento di economia e finanza, infatti, parla di una riduzione del deficit troppo forte se accostata alle basse previsioni di crescita. Sarà dunque questo il punto focale su cui dovremo concentrarci: ottenere la maggiore flessibilità possibile nella trattativa con Bruxelles. È lì che si giocherà la partita, perché solo ottenendo un ritmo più lento di riduzione del deficit si apriranno nuovi e importanti spazi di manovra. Anche perché gelare il germoglio della crescita, che ancora risulta troppo fragile, sarebbe una vera catastrofe.

Quindi nessuna nuova tassa.

È scritto chiaramente nel Def che il governo vuole disinnescare l’aumento dell’Iva con altre misure.

Un altro tema di discussione riguarda le privatizzazioni: alcuni vorrebbero frenare quel processo. Qual è la sua posizione?

Le preoccupazioni di alcuni sono sacrosante, ma non credo che su questo tema si arriverà a uno scontro. Personalmente le ritengo ragionevoli e sostenibili, soprattutto considerando l’ipotesi di intervento di Cassa depositi e prestiti. E poi si possono portare avanti tutelando gli interessi dei soggetti più deboli e continuando a garantire i servizi pubblici. Pubblico non è più sinonimo di statale. Inoltre credo che una strategia di liberalizzazioni, privatizzazioni e dismissioni, fatta anche al livello locale (penso alle tante partecipate diffuse sul nostro territorio), sia compatibile con gli alti standard di efficienza. Ottimizzandole, quelle aziende, si renderebbero più funzionali e si eviterebbero al contempo tanti sprechi. Cosa che libererebbe peraltro ulteriori risorse, utili per aumentare i servizi. Questo deve essere il nostro principio ispiratore.

 

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