Jan
28
2016
Io, cattolico e mediatore favorevole alle adozioni gay
La mia intervista a "La Repubblica"

«Ho le mani legate» di­ce al telefono Giorgio Tonini, il grande mediatore della leg­ge sulle unioni civili.

Nel senso che ormai non ci sono più margini di trattati­va, senatore?

«No, nel senso letterale: ho il gomito destro e il polso sini­stro ingessati. Sono caduto in casa, non posso fare pratica­mente nulla. Però verrò a Ro­ma per vota­re la legge».

Lei ha scritto  il manife­sto fonda­tivo del Pd, ma ha alle spalle una storia cat­tolica. Se il Papa e Renzi di­cono due cose diverse, lei a chi dà retta?

«Dipende da qual è il terre­no su cui ci si muove. Per la po­litica, si decide nel Parlamen­to e nel partito. Per la vita spi­rituale conta la comunione ec­clesiale. Ma sarebbe sbagliato se Matteo volesse farsi Dio, o se chi rappresenta Dio sulla terra volesse farsi Cesare. Det­to questo, non mi pare che il Papa sia contro le unioni civili. Ha detto che il matrimonio cri­stiano rappresenta il sogno di Dio per l'umanità». 

Ma ì gay non sono ammessi al matrimonio cristiano...

«Certo. Però, nello stesso tempo, il Papa sa bene che se si pretende di realizzare un so­gno in modo meccanico e auto­ritario, i sogni possono diven­tare incubi. Io non vedo le al­tre famiglie come un attacco alla famiglia "sogno di Dio". Anzi. Questa ricerca di una stabilità affettiva, sia etero che omo, è la prova della forza del matrimonio».

E la stepchild adoption?

«È l'estensione del princi­pio della solidarietà di coppia. Fa sì che il partner faccia sua la responsabilità genitoriale dell'altro».

Per queste posizioni "Il Fo­glio" l'ha definita "una san­guisuga sul corpo piagato di Cristo".

Oggi si discute di unioni civili. Ma lei è favorevole o contrario   al   matrimonio gay?

«Stiamo andando nella dire­zione giusta, seguendo la via più saggia. Le confesso che mi ha impressionato la sentenza della Corte Suprema america­na. Un inno al matrimonio, quasi lirico. Per arrivare alla conclusione che proprio per questo nessun essere umano può esserne privato, per nes­suna ragione, fosse anche il suo orientamento sessuale. Io oggi penso che facciamo bene a distinguere tra unioni civili e matrimonio. Ma rispetto chi la pensa diversamente».

Lei è un testimone vivente della famiglia numerosa: sette figli. Ne avete parlato anche in casa?

«Le mie figlie più giovani so­no schierate per le unioni civi­li in modo militante. Io cerco di moderarle un po' ma loro hanno un approccio molto for­te e deciso».

Così si sarà allenato alla me­diazione. Che una volta era considerata un vizio doroteo, se non addirittura un frutto avvelenato del cini­smo andreottiano.

«Per qualcuno conservare il potere è più importante delle soluzioni che dai ai problemi. 10  però mi considero un nipoti­no di Moro. E lui ci ha insegna­to che la mediazione alta è il contrario del compromesso al ribasso. La mediazione ha due
alternative: il compromesso e la guerra. A me non piacciono né l'uno nél'altra».

E quindi è un mediatore per vocazione.

«Il Pd è nato per superare gli steccati tra laici e cattolici, sulla base del principio che mettersi insieme a cercare una soluzione con onestà e se­rietà dà risultati migliori delle contrapposizioni frontali. Per me la mediazione è un valore. Il  cristianesimo stesso è me­diazione: Cristo è Dio che si è fatto uomo, la mediazione per eccellenza».

Se uno dei suoi sette figli le avesse detto "papà, sono gay", lei cosa gli avrebbe detto?

«Guardi, la cosa più difficile per un genitore è imparare a capire che ogni figlio trova la sua strada da solo, che scopre i suoi istinti da solo. Tu lo aiu­ti, gli stai vicino, ma poi ciascu­no costruisce la propria vita. Noi dobbiamo rispettare tut­to questo. E capire che ciò che forma la persona è la libertà».

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

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