Apr
08
2014
La modifica del Senato era già nei piani dell'Ulivo
Articolo pubblicato su "L'Unità"

Intervenire sulla Costituzione è come ricorrere alla chirurgia. Bisogna farlo quando è direttamente necessario e nel modo meno invasivo possibile. Agire poi sul titoli I, quello dedicato al Parlamento, è come fare un'operazione a cuore aperto. Bisogna fare presto e bene. Se si fa bene, ma non abbastanza in fretta, si finisce per dover scrivere, nel bollettino medico, che l'operazione è riuscita, ma il paziente è morto.

D'altra parte, un intervento rapido, ma fatto male, rischia di esporre a rischi non meno gravi. Dunque non serve una sapienza consolidata, l'unica che consente alla rapidità di essere il contrario dell'improvvisazione e alla bontà del risultato di non arrivare troppo tardi.

Noi, il Pd, il centrosinistra riformista, siamo nelle condizioni di fare presto e bene, mettendo in campo un sapere esperto. Se solo evitiamo di ricominciare ogni volta da capo. Sono passati quasi vent'anni dalla riuscita dell'Ulivo. Matteo Renzi era un ragazzo, un entusiasta militante di base dei Comitati Prodi, quando tutta l'Italia fu attraversata da un grande dibattito, che coinvolse centinaia di migliaia di persone, sulle tesi programmatiche dell'Ulivo. Una straordinaria operazione di rinnovamento della politica italiana, che noi democratici faremmo bene a non dimenticare.

Le prime 14 tesi (su 88) erano raggruppate in un capitolo dedicato a "lo Stato nuovo": la prima delineava un modello di democrazia maggioritaria basata sul governo del primo ministro e la seconda serie di garanzie per l'opposizione parlamentare, la terza scommetteva su "l'autogoverno locale e il federalismo cooperativo" e la quarta proponeva di trasformare il Senato in "una Camera delle Regioni", come strumento essenziale del federalismo.

Può essere utile rileggere per intero quest'ultima tesi, quando mai attuale: "La realizzazione di un sistema di ispirazione federale richiede un cambiamento della lettura del Parlamento. Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il  punto di vista e le esigenze della regione di provenienza. Il numero dei senatori (che devono restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla popolazione delle regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le Regioni più piccole. Le delibere della Camera delle Regioni saranno prese non con la sola maggioranza dei votanti, ma anche con la maggioranza delle Regioni rappresentate. I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli dell'attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei Deputati. Alla Camera dei deputati sarà riservato il voto di fiducia al Governo. Il potere legislativo verrà esercitato dalla Camera delle Regioni per la delibera­zione delle sole leggi che interessano le Regioni, oltre alle leggi costituzionali».

Il futuro ha radici antiche, recitava uno slogan dell'Ulivo. E in effetti ci sono, in questa radice profon­da della nostra storia comune, tutti i capisaldi della proposta che Matteo Renzi ha avanzato, prima da can­didato alle primarie, poi da segretario del Pd e infine da presidente del Consiglio. C'è l'idea di un sistema politico più semplice, più europeo, basato sul circuito fiduciario tra governo e una sola camera politica, elet­ta col sistema maggioritario. E c'è il contrappeso plu­ralistico, rappresentato non da improbabili Lord elet­tivi, ma dal sistema dei poteri locali, esaltato dal nuo­vo tìtolo V e finalmente reso corresponsabile attraver­so il suo coinvolgimento, limitato ma significativo, nel potere legislativo statale: sul modello del Bundesrat tedesco, l'unica «seconda camera» in Europa dotata di un ruolo effettivo e non decorativo.

Fermi restando i capisaldi «ulivisti», la proposta go­vernativa non solo consente, ma richiede una incisiva azione emendativa, che la renda più coerente e convin­cente. È anche per contribuire a questo decisivo lavoro comune, che abbiamo deciso di ritirare il disegno di legge a mia prima firma, che insieme a un gruppo di colleghi del Pd e di altri gruppi di maggioranza aveva­mo presentato prima dell'arrivo del testo governativo. Dal ddl ritirato ricaveremo emendamenti da proporre in Commissione. Ora si apre una fase nuova e il gioco di squadra è fondamentale: per fare presto e bene

0 commenti all'articolo - torna indietro

(verrà moderato):

:

:

inizio pagina