Jul
28
2013
Una Bonino non del tutto convincente
Pubblicato su: www.valsugana.it

Giustizia e lavoro sono stati al centro dell'attenzione dell'Aula del Senato, nel corso della settimana appena trascorsa (23-26 luglio). Ma grande rilievo ha avuto l'audizione in Commissione Esteri, riunita insieme alla Commissione Diritti Umani, della ministra Emma Bonino, che ha riferito sul caso Shalabayeva (la donna kazaka rispedita in patria insieme alla sua bambina), dal punto di vista della Farnesina.

È anche proseguito il lavoro delle commissioni Esteri, Difesa e Affari europei sulla Difesa europea, con le audizioni del "guru" del pensiero pacifista Johan Galtung e di tre esperti dello Iai, l'Istituto affari internazionali. Il gruppo del Pd ha tenuto un incontro, da me organizzato, con l'ambasciatore turco a Roma.

Una riunione della presidenza del gruppo con i senatori pd della Commissione Giustizia, martedì mattina, ha aperto la mia settimana parlamentare. Due i nodi da sciogliere. Il primo sul decreto carceri, all'esame dell'Aula, e che prevede misure alternative per una serie di categorie di detenuti, in modo da ridurre l'ormai intollerabile sovraffollamento dei nostri istituti di pena, causa tra l'altro di ripetute, vergognose condanne dell'Italia per violazione dei diritti umani.

Rispetto al testo del governo, i nostri senatori, ma anche quelli del Pdl e perfino del M5S, propongono di escludere dai benefici i cosiddetti "recidivi gravi", sostanzialmente i delinquenti abituali. Tutti d'accordo.

Più intricato l'altro nodo, sempre in materia di giustizia, quello che riguarda il voto di scambio tra politica e organizzazioni mafiose. La Camera ha approvato un testo che modifica l'articolo 416-ter in vigore, punendo severamente lo scambio non solo tra voto e denaro, ma anche quello, assai più frequente, nel quale i voti sono pagati con "altra utilità" (ad esempio appalti truccati).

Alcuni nostri senatori, anche recependo osservazioni critiche di alcuni magistrati, rilevano come la Camera abbia introdotto altre due modifiche che sarebbero invece peggiorative rispetto al testo attuale. Una è l'introduzione dell'avverbio "consapevolmente", l'altra è il termine "procacciamento": "Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti", da parte delle organizzazioni mafiose, è punito ecc. ecc. Prima "consapevolmente" non c'era e bastava la "promessa" e non l'effettivo "procacciamento" di voti.

La presidenza del gruppo si è così trovata dinanzi ad un dilemma: approvare il testo della Camera così com'è, ignorando questi rilievi, o invece provare a modificarlo, riaprendo la discussione a tutto campo, col rischio di rinviare l'approvazione definitiva sine die?

I nostri senatori si dividono: Casson chiede la modifica, a Lumia il testo sembra reggere bene anche così. Ma anche i magistrati sono divisi: Cantoni, su "Repubblica", chiede la modifica; Caselli, sul "Fatto quotidiano", propende per l'approvazione del testo Camera. Vedremo. Per intanto, la decisione che viene presa è quella di non approvare il testo direttamente in Commissione (si chiama sede deliberante), come ipotizzato in un primo tempo anche per impulso del presidente Grasso, ma di andare comunque in Aula.

L'altro grande tema che ha tenuto banco nell'Aula del Senato è quello dell'economia e del lavoro. È cominciata la discussione sul decreto su occupazione e rinvio del previsto aumento dell'aliquota IVA del 21 al 22%: ne parleremo più ampiamente la prossima settimana.

Soprattutto, giovedì pomeriggio, per la prima volta nella storia del Senato, c'è stato un "question time" in Aula con il presidente del Consiglio. Il question time è un istituto del Parlamento inglese (ma a Westminster ha ben altra vivacità e autenticità, da noi è un po' troppo ingessato...), importato prima a Montecitorio, ora anche a Palazzo Madama.

Enrico Letta si è sottoposto a due giri di domande da parte dei senatori: una domanda di due minuti per gruppo, poi la risposta a tutti da parte del presidente del Consiglio, infine una replica di un minuto da parte di ogni interrogante, che deve dichiararsi soddisfatto o insoddisfatto.

Dal question time di giovedì sono emerse in realtà più conferme che novità: la ferma determinazione del governo nel rispettare i parametri europei, a cominciare dal limite del 3% del PIL per il deficit annuo; l'impegno a ridurre la pressione fiscale, in particolare su lavoro e impresa (ma come conciliare questo obiettivo, davvero strategico, con la pressante richiesta del Pdl di abolire l'Imu sulla prima casa?); il contestuale impegno a ridurre la spesa, attraverso un rilancio della Spending Review, e ad abbattere lo stock del debito, mediante la valorizzazione del patrimonio statale; la decisione di concentrare le poche risorse nazionali e le appena più abbondanti risorse europee, sull'obiettivo dell'occupazione giovanile.

Il caso Shalabayeva è rimasto al centro dei lavori del Senato, grazie alle comunicazioni della ministra degli Esteri, Emma Bonino, alle commissioni Esteri e Diritti umani. Con grinta e puntigliosità, la Bonino ha respinto al mittente le due critiche che le erano state rivolte da diversi settori sia politici che mediatici: quella di non aver saputo evitare il rimpatrio coatto di Alma Shalabayeva e della sua figlioletta di sei anni; e quella di non aver neppure reagito, successivamente ai fatti, con l'energia che ci si sarebbe aspettati da una militante storica della causa dei diritti umani.

La Bonino ha risposto alle critiche dimostrando di non essere stata mai informata del caso dal ministero dell'Interno e di aver saputo della vicenda solo nella serata del 31 maggio, ad aereo per Astana già decollato, e neppure in questo caso da ambienti ufficiali, bensì da fonti "di società civile". Dunque nessun ruolo (e nessuna responsabilità), né della ministra né del ministero degli Esteri, nella fase "ex ante".

Nella fase "ex post", cioè dopo quel maledetto 31 maggio, ministra e ministero si sono attivati per attirare l'attenzione sul caso, prima del ministro Alfano (2 giugno) e poi del presidente Letta (3 giugno), dunque agendo per vie interne e non aprendo polemiche pubbliche, anche e soprattutto perché l'obiettivo principale della Farnesina e della sua responsabile politica era e resta la tutela della signora Shalabayeva e di sua figlia. Anche a costo di pagare un prezzo alto in termini di immagine personale, ha concluso una Bonino tesa e quasi commossa.

I lettori di questa rubrica sanno che sono un convinto sostenitore di Emma Bonino e che considero una delle scelte più felici di Napolitano e Letta aver dato a lei l'incarico di ministro degli Esteri. Stavolta devo dire però che Emma non mi ha convinto del tutto. Non per il merito dei suoi argomenti, difficilmente contestabile. Ma per lo spirito col quale li ha presentati: che è parso più quello di protestare la sua estraneità ad ogni responsabilità soggettiva, anche al prezzo di prestare il fianco all'accusa di irrilevanza, che quello di assumere la sua quota di responsabilità politica, in quanto membro del governo.

Nelle commissioni riunite Esteri, Difesa e Affari europei, è proseguita l'indagine conoscitiva sulla Difesa europea, in vista del Consiglio europeo di dicembre, che affronterà proprio questo tema.

Martedì pomeriggio, le commissioni hanno ascoltato un ospite d'eccezione: Johan Galtung, l'ottuagenario matematico e sociologo norvegese, fondatore dell'omonimo istituto e divenuto uno dei punti di riferimento più autorevoli del mondo pacifista. Galtung, che non è un pacifista assoluto, ha incoraggiato lo sviluppo di una difesa europea, a condizione che sia basata sul concetto di difesa territoriale e si doti di armi a corto raggio, chiaramente solo difensive.

Gli ho obiettato che, nell'era dell'interdipendenza e della globalizzazione, si tratta forse di una visione basata su concetti superati, sia quello di "difesa territoriale", che quello di "corto raggio". Ma, come è ovvio, non l'ho convinto...

Giovedì mattina presto, è stata la volta dello Iai, il prestigioso Istituto affari internazionali, fondato nel 1965 da Altiero Spinelli e oggi presieduto dall'ex-ambasciatore italiano presso l'Ue, Ferdinando Nelli Feroci, mentre vicepresidente è il trentino Gianni Bonvicini.

Davanti alle tre commissioni riunite, lo Iai ha schierato un prestigioso "tridente", composto da Stefano Silvestri, Vincenzo Camporini e Michele Nones, che hanno affrontato il tema Difesa europea, a partire dal punto di vista, rispettivamente, geo-politico, militare e industriale. Con un'unica conclusione: superare l'attuale, costosa e inefficiente, frammentazione europea in 28 forze armate, nessuna delle quali (francese e perfino britannica comprese) in grado di svolgere efficacemente la sua funzione, in favore di un sistema di difesa europeo, se non unico almeno integrato, è semplicemente necessario e urgente.

Ho chiesto loro cosa ci si possa realisticamente attendere dal vertice di dicembre e la risposta è stata "non molto", ma almeno un rafforzamento della dimensione istituzionale: ad esempio istituendo il "formato difesa" del Consiglio europeo, ovvero la riunione periodica dei 28 ministri della Difesa.

Giovedì pomeriggio ho "marinato" la Commissione Esteri, a causa del prolungarsi dell'incontro, che avevo organizzato su incarico di Zanda, tra i senatori del Pd e l'ex-ambasciatore italiano ad Ankara, Carlo Marsili, e l'ambasciatore turco a Roma, Hakki Akil.

Oggetto dell'incontro, ovviamente la Turchia. Dopo i fatti di pazza Taksim è ancora quel modello di possibile incontro tra Islam e democrazia che sembrava voler e poter essere? O dobbiamo invece temere una involuzione autoritaria e integralista sul modello di quella dei Fratelli musulmani in Egitto e nel Maghreb?

Dall'ambasciatore Akil sono venute parole rassicuranti, meno da Marsili, che pure è un amico e un amante della Turchia. La domanda resta aperta. Come aperta deve restare, per la Turchia, la porta d'ingresso in Europa, l'unica leva che abbiamo per favorire un'evoluzione positiva di quel grande paese.

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