Jul
07
2013
Tra Difesa europea e F35
Pubblicato sul magazine online www.lavalsugana.it

La scorsa settimana romana è cominciata a Trento. Lunedì mattina, 1º luglio, mi chiama il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, per dirmi che forse sarebbe opportuno prendere posizione sul caso Datagate (lo scandalo prodotto dalle presunte rivelazioni dell'agente segreto americano Edward Snowden) e chiedere noi per primi, senza attendere che lo facciano le opposizioni, un'informativa urgente del governo alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. Convengo con lui, scrivo il comunicato come vicepresidente del gruppo, delegato ai temi di politica estera e di difesa, e lo giro all'ufficio stampa. Usciamo per primi sulle agenzie. Bene così. La Bonino verrà giovedì 4 a riferire alle commissioni.

Sempre lunedì, scrivo di getto l'articolo di apertura del settimanale online "qdR" (qualcosa di riformista, www.qdrmagazine.it), promosso, gestito e autofinanziato da un gruppo di brillanti, giovani intelligenze dell'area liberal-riformista, se preferite veltronian-renziana, del Pd. Mi hanno chiesto una cosa "pepata" e, un po' forzando la mia indole mediatrice, do libero sfogo alla mia esasperazione per il minuetto che si sta svolgendo attorno al Congresso del partito: "Adesso, basta. Quando è troppo è troppo. Ma che vogliono ancora, dal Pd, questi mezzi capicorrente, vecchi-vecchi e giovani-vecchi?"

Me la prendo con i vari frammenti della ex-maggioranza "bersaniana", che non vuole Matteo Renzi alla guida del Pd, ma non sa come dirglielo. E allora prende tempo, fa melina. Risultato: il Congresso che, a termini di Statuto, doveva essere convocato, per l'autunno, già a fine aprile, a luglio non è ancora fissato. E questo non fa bene al partito, perché allunga la fase logorante della pretattica, invece di aprire subito, tra gli iscritti, i militanti, e soprattutto gli elettori, una bella, chiara, ariosa, appassionata discussione tra proposte diverse, tutte ugualmente legittimate, tutte concentrate sui problemi del paese.

A riprova che sui media, vecchi e nuovi, le invettive "bucano", mentre (purtroppo) i ragionamenti annoiano, faccio un vero, piccolo botto. Per tutta la giornata di martedì il mio pezzetto (chi volesse leggerlo, lo trova su giorgiotonini.it) impazza sulla rete, mercoledì lo ripubblica Europa (giovedì l'Adige). Ma la settimana, per il Congresso del Pd, trascorre inutilmente, anzi peggio: tra dannose punzecchiature tra Renzi e i "mezzi capicorrente, vecchi-vecchi e giovani-vecchi"...

Nell'Aula del Senato, da martedì mattina fino a buona parte di mercoledì pomeriggio, si discute e si vota la conversione in legge di un importante decreto-legge del governo, tanto per cambiare, di derivazione europea: disposizioni urgenti per il recepimento della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia, per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale.

In pratica il decreto importa in Italia la rigorosa normativa europea in materia di "prestazione energetica" degli edifici ed agevola in modo significativo (fino al 60 per cento della spesa) gli interventi di ristrutturazione. Non è solo una norma "ambientalista". È anche una norma "sviluppista". È un po' la matrice dell'edilizia di domani. Perché l'edilizia tradizionale, oggi epicentro della crisi produttiva e occupazionale (anche in Valsugana), non tornerà mai più. Al suo posto potrà esserci un'edilizia di nuova generazione, basata sul recupero del patrimonio già esistente e la sua riqualificazione in termini antisismici e di risparmio energetico, ai limiti dell'autosufficienza.

Il "grande gioco" mondiale per accaparrarsi quote significative di questo grande mercato è già partito. Il Trentino (e la Valsugana) non parte da zero, ma deve fare di più e meglio: può e deve dar vita ad un vero e proprio distretto industriale dell'edilizia eco-compatibile.

Martedì pomeriggio l'Aula del Senato ha ricordato Margherita Hack, appena scomparsa. Dopo Rita Levi Montalcini, l'Italia perde un'altra grande scienziata, di fama mondiale. Rita aveva dedicato tutta la sua lunga esistenza allo studio dell'infinitamente piccolo, le cellule cerebrali, mentre Margherita non aveva mai smesso di indagare l'immensamente grande, l'universo, con i suoi miliardi di stelle e di anni luce. Margherita era orgogliosamente non credente. Eppure, non riusciamo a non pensarla ora nella luce di quel Logos che attraverso di lei, per tutta una lunga e piena vita umana, ha indagato in definitiva su se stesso.

La sera di martedì la passo in Commissione Affari costituzionali. Zanda mi ha chiesto di sostituirlo. C'è la seduta notturna, si vota la cosiddetta "legge di procedura": l'istituzione di un comitato di 42 membri che avrà il compito di redigere il testo della riforma costituzionale e di quella elettorale, che verranno poi votate dalle due Camere e da un referendum confermativo popolare. In un clima molto disteso, il disegno di legge di procedura viene approvato dalla Commissione, col voto contrario del M5s e di Sel. La prossima settimana sarà esaminato e votato dall'Aula.

A dicembre, il Consiglio europeo (la riunione periodica dei capi di governo dell'Unione: dal 1º luglio sono 28, perché è entrata anche la Croazia) si occuperà in modo prioritario della Difesa comune europea: antico sogno dei padri dell'Europa, a cominciare da Degasperi, che molto ebbe a soffrire per la bocciatura, da parte del parlamento francese, della sua idea di Comunità europea di difesa (CED).

Per offrire al governo italiano, in vista di quell'importante appuntamento europeo, un contributo di orientamento politico e di analisi tecnica, martedì pomeriggio le commissioni riunite Esteri, Difesa e Affari europei del Senato hanno deciso di svolgere un'indagine conoscitiva (una sorta di sessione di studio, anche con audizioni di esterni, che poi produce un documento conclusivo) sulla Difesa europea, argomento che sarà oggetto del Consiglio europeo di dicembre.

Il primo contributo all'indagine conoscitiva è venuto da un autorevole esponente politico francese (di centrodestra): Arnaud Danjean, presidente della sottocommissione Difesa del Parlamento europeo, collegato con noi in videoconferenza alle 8,30 di mercoledì mattina. Danjean ha sostenuto la necessità ormai inderogabile di procedere verso un'integrazione europea delle forze armate dei singoli paesi, per la loro frammentazione non più efficienti.

Gli ho chiesto due cose: se egli pensi si possa ricorrere, per dar vita ad un sistema difensivo europeo, ad un trattato specifico sul modello del "Fiscal Compact"; e se, da francese, egli ritenga che Parigi sia pronta ad una cessione di sovranità, nel campo della difesa, ad un'autorità federale europea, o se preferisca piuttosto un coordinamento, al più una messa in comune, di strumenti militari che restano comunque nazionali. Con molta diplomazia, Danjean mi ha fatto capire che pensa alla seconda ipotesi. La CED può attendere ancora.

Speriamo (e lavoriamo in tal senso) che a dicembre ci sia un grande passo in avanti verso la Difesa comune europea. Per intanto, la difesa resta questione nazionale, sia pure in un quadro integrato a livello internazionale, ma più attraverso la NATO che nella Ue. A richiamare questo dato di realtà, è intervenuto mercoledì pomeriggio il Consiglio supremo di difesa, presieduto da Napolitano, che ha ricordato come il Parlamento in questa materia abbia un ruolo fondamentale di indirizzo politico, ma non possa assumere un improprio potere di veto sulle singole scelte operative, che come tali spettano all'esecutivo.

In un contesto politico surriscaldato dalla polemica sull'acquisto dei caccia-bombardieri F35, la nota del Quirinale ha scatenato una piccola tempesta mediatica. Napolitano è stato accusato da grillini e vendolani di golpismo strisciante, o comunque (anche da alcuni parlamentari del Pd) di aver voluto smentire la mozione di maggioranza sugli F35, approvata la settimana scorsa alla Camera.

Sono intervenuto con un comunicato stampa per difendere Napolitano da accuse così ridicole e per richiamare la sintonia tra la nota del Consiglio supremo di difesa e la mozione di maggioranza: entrambe fanno infatti riferimento alla Legge 244/2012, che all'articolo 4, comma 3, prevede una procedura molto chiara nei rapporti tra governo e parlamento. Domani (lunedì 8 luglio) l'assemblea del gruppo Pd tratterà l'argomento F35, in vista del voto in Aula sulla mozione, previsto per mercoledì.

La settimana si conclude giovedì pomeriggio, alla Sala del Mappamondo della Camera, dove si tengono di solito le commissioni congiunte dei due rami del parlamento. Prima c'è l'audizione del primo ministro libico Zidane, che mentre arrivano notizie terribili dall'Egitto, illustra la drammatica situazione del suo paese, poche miglia nautiche a sud della Sicilia.

In Libia, dice Zidane, c'è il governo, che fa quel che può. Ma non c'è più lo Stato. Non c'è un vero esercito, non c'è la polizia. Figurarsi il resto. In effetti in Libia lo Stato non c'è mai stato. Prima c'era Gheddafi, un dittatore che aveva in mano tutto il potere, senza neppure avere una carica: lo chiamavano il leader, non era né presidente, né primo ministro. C'era solo il suo potere tirannico, nel vuoto. Quel potere ora è caduto, per mano dei libici stessi, aiutati dalla NATO. È rimasto il vuoto, un vuoto molto pericoloso.

Dopo Zidane, arriva in commissione la Bonino. Riferisce del caso Datagate. Esprime cautela sulle notizie, tutte da verificare. Conferma la richiesta di chiarimenti agli Usa. Ma tiene a precisare che l'amicizia tra Roma e Washington ha radici molto profonde e solide. Ribadisce la posizione del governo, contraria a qualunque rinvio dell'accordo transatlantico di cooperazione commerciale tra Ue e Usa. Per il Pd interviene Nicoletti, molto bene. Sel e Cinque stelle accusano la Bonino di aver minimizzato la questione. A me pare, al contrario, che la ministra abbia voluto ricondurla alle sue effettive dimensioni.

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