Aug
20
2012
La linea degasperiana oggi si chiama Agenda Monti
Il mio articolo su l'Unità.
Non deve meravigliare l'eccezzionale moltiplicarsi, in queste giornate di mezza estate, delle iniziativa politico-culturali attorno alla figura, al pensiero e all'opera di Alcide De Gasperi. Nell'anniversario della morte del grande statista trentino (19 agosto 1954). Nel pieno di una crisi comunemente considerata la più grave dalla seconda guerra mondiale ad oggi, una crisi non solo economica e sociale, ma anche politica, culturale e morale, non può soprendere che sia diffusamente avvertito il bsogno di nuove "Idee ricostruttive" e che si vada a cercarle a confronto di chi, come De Gasperi, della grande ricostruzione post-bellica fu il principale protagonista.
E tuttavia, il ministro Andrea Riccardi - che insieme al leader della Cisl Bonanni e delle Acli Oliviero è stato ieri a Trento protagonista dell'incontro "per un'area degasperiana", promosso dal presidente Dellai - ha detto qualcosa di più e di nuovo. Ha stabilito un collegamento, per così dire una continuità di ispirazione, tra l'odierna, difficile esperienza del governo Monti e la stagione fondativa e ricostruttiva segnata dall'impronta di De Gasperi: "In una stagione in cui forse stiamo vivendo una transizione tra la seconda e un nuovo assetto di Repubblica - ha detto Riccardi in un'intervista al quotidiano trentino l'Adige - c'è bisogno della cifra politica che Monti rappresenta e di riportare alla memoria la figura di De Gasperi. E ancora: "Nel governo Monti c'è un tono degasperiano. Ad esempio, il legame tra politici e tecnici, il raaporto tra laici e cattolici, un linguaggio politico che parla di cose e che non è emozionale, né centrato sulla demonizzazione dell'altro, ma puntato a creare una sintesi positiva". E soprattutto: "L'eredità di De Gasperi è un'eredità europeista. Oggi è impossibile parlare di politica in Italia senza parlare di politiche europee". Così com'è superfluo ricalcare il carattere europeo, più ancora che europeistico, del governo Monti.
L'agenda Monti è dunque un'agenda "degasperiana". Riccardi avrebbe potuto aggiungere che le stesse priorità dell'agenda del nostro attuale governo - risanamento finanziario, crescita economica, uguaglianza sociale - hanno una radice profonda nella stagione ricosruttiva. Perché anche allora, come bisogna fare oggi, furono perseguite insieme e simultaneamente. Al contrario di quanto è avvenuto in fasi successive, crescita e uguaglianza furono ricercate dai governi De Gasperi attraverso e non contro il risanamento finanziario. Nel pieno dello sforzo ricosruttivo del Paese, il 21 luglio del 1953, parlando alla Camera, De Gasperi annunciava che "il governo ritiene di dover impegnare se stesso a raggiungere, con la collaborazione del Parlamento, il definitivo eqilibrio del bilancio statale - e cioè il pareggio - nel corso normale dell'attuale legilslatura".
"Per raggiungere tale scopo - spiegava De Gasperi - abbiamo ritenuto indispensabile adottare alcuni criteri che debbono impegnare la nostra attività futura: 1. tutti gli incrementi automatici di entrate che in avvenire si verificheranno rispetto alle previsioni del bilancio 1953-54 dovranno andare esclusivamente a riduzione del disavanzo; 2. tutte le maggiori o le nuove spese rispetto al preventivo 1953-54, derivanti da nuove leggi o da leggi in atto, saranno coperte da corrispondenti riduzioni di altre spese o da nuove entrate tributarie. Naturalmente queste sono direttive di governo: ma noi confidiamo che il Parlamento vorrà convalidarle e anche per suo conto mantenerle, nello spirito dell'articolo 81 della Costituzione. Al quale fine taluni gruppi hanno già adottato nel loro statuto o nella prassi la formula che provvedimenti che comportano nuove spese non si richiedano se non previa la consultazione dei comitati direttivi. Noi speriamo che tale autodisciplina, tradizionale nei migliori parlamenti, entri anche nel nostro costume".
La politica italiana, come si sa, prese ben altra piega. E forse proprio per questo le parole di De Gapseri risultano così attuali e familiari.
Ma il ministro Riccardi e ancor più l'iniziativa promossa da Lorenzo Dellai pongono un interrogativo ulteriore: per dare futuro all'agenda Monti nella prossima legislatura c'è bisogno di "un'area degasperiana" distinta, anche se con esso stabilmente alleata, dal Partito democratico? Nello stesso Pd sono molti quanti rispondono affermativamente; sulla base dell'idea di un'alleanza tra progressisti e moderati. Può darsi che il realismo ci imponga questo ennesimo tornante storico (e il realismo è una componente essenziale della cultura politica degasperiana). Ma è quanto meno dubbio che possa essere considerata questa la via maestra per la ricostruzione del Paese.
Poche settimane prima di morire, nel famoso discorso alla Conferenza parlamentare europea, De Gasperi diceva di non credre che una solida architettura dell'Europa potesse fondarsi su "una sola delle correnti di idee che ai giorni nostri si sono affermate nella civiltà europea come prodotti della sua evoluzione culturale, sociale e politica". Al contrario, umanesimo liberale, socialsita e cristiano "debbono insieme contribuire a creare questa idea e ad alimentarne il lbero e progressivo sviuppo". L'idea degasperiana dell'insufficienza delle culture europee del Novecento e della necessità del loro incontro fecondo, in vista di un pensiero nuovo, adeguato alle sfide inedite del nostro tempo, è il fondamento stesso dell'idea originaria, fondativa del Partito democratico, la casa comune dei riformisti italiani. Il fatto che siano passati quasi sessant'anni da quando queste profetiche parole furono pronunciate, ci aiuta ad apprezzare la statura storico-politica di De Gasperi. Ma anche a capire quanto sia grande il nostro ritardo.   
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